Bonviri, la startup siciliana produttrice del primo olio evo carbon neutral

Una startup nata con l’obiettivo di dare valore alle imprese agroalimentari dell’isola calcolando le emissioni di Co2 che ogni prodotto genera. Questo è il concept che stanno perseguendo tre giovani ragazzi Corrado Paternò CastelloAlessandra Tranchina e Sergio Sallicano imprenditori under 30 che hanno sviluppato un progetto che mira a rendere le aziende prospere e sostenibili, mantenendo altissima la qualità dei prodotti. I tre startupper si sono accorti infatti che in Sicilia molti coltivatori medio-piccoli, spesso creatori di prodotti eccezionali, si trovavano in difficoltà nella commercializzazione. Il business model dell’azienda è molto semplice: prevede infatti l’acquisto di prodotti di alta qualità, salutari e sostenibili da coltivatori di eccellenza e sostenendo la prosperità delle loro aziende agricole. Nel farlo, Boniviri ripensa la filiera e il packaging dei prodotti in ottica eco-friendly e responsabile, azzerando l’impronta di carbonio dei prodotti tramite progetti di riforestazione. Proprio come è avvenuto per la produzione del primo olio extravergine di oliva italiano a impatto positivo, a cui è andato il nome di bonviri, parola latina che è stata tradotta in “persone di valore”, per sottolineare i chiari obiettivi sociali e ambientali della società. Boniviri è un’azienda carbon neutral: le emissioni generate vengono calcolate, ridotte e azzerate ogni anno.Le emissioni di gas serra, che hanno generato il fenomeno del riscaldamento globale, sono causa di eventi climatici estremi come alluvioni, siccità, desertificazione, ondate di caldo e di freddo.  Nonostante l’agricoltura continui a svolgere un insostituibile ruolo di mitigazione, i prodotti agricoli, tramite il loro intero ciclo di vita, possono causare un impatto sul riscaldamento climatico.Tutte le emissioni generate dalle bottiglie Boniviri sono invece compensate tramite progetti di riforestazione in Italia e per raggiungere gli obiettivi sociali e ambientali, basati sui Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite, Boniviri ha analizzato con i coltivatori e i frantoi partner le emissioni di gas serra generate lungo tutta la filiera. Un altro importante tassello è stato l’apertura dell’e-commerce, offrendo così servizi di personalizzazione e comunicazione dedicata ai clienti.  Al progetto, che dovrebbe accogliere nuove categorie di prodotti, oltre all’olio e alle spezie, tra cui salsa di pomodoro, pasta, alga spirulina, miele e tisane, hanno aderito diverse aziende agricole siciliane tra cui Azienda Agricola Sallicano Marianna (Noto), Fattorie Romeo del Castello (Randazzo), Azienda Agricola Bonfanti (Noto), Società Agricola Le Sette Aje (Santa Margherita di Belice), Sari-Azienda Agricola (Trecastagni), Terre sul Dirillo Società Agricola (Chiaramonte Gulfi) e Azienda Agricola Virzì (Cesarò).

 

Abitare la terra: il progetto di Louise Mc Keever

Irlandese di nascita, Louise Mc Keever è una cestaia, costruttrice e insegnante che lavora sia in Francia che in Irlanda. Formatasi con cestai in tutta Europa, si dedica a questo antico mestiere, creando cestini originali e funzionali con vimini ottenuto localmente in cui incorpora elementi selvatici, come foglie di tifa, steli di tarassaco o vari tipi di corteccia. Insieme a Mathieu Munsch ha avviato, nel 2021, il progetto Habiter la Terre, senza beneficiare di programmi o fondi dell’UE, nel villaggio di La-Grande-Fosse nel Parco Naturale Regionale dei Vosgi, per promuovere pratiche di vita autonome radicate nel rispetto della natura e nuove prospettive per nuovi modi di vita in un contesto rurale che sono all’avanguardia di un cambiamento culturale ecologico. 

“Dopo aver vissuto vent’anni in città abbiamo deciso di mollare tutto e trasferirci in un villaggio rurale di 130 persone nel mezzo del Parco Naturale Regionale dei Vosgi per sperimentare uno stile di vita radicato nel rispetto della natura.  Avendo entrambi avuto esperienza di insegnamento all’università e di formazione nell’educazione popolare, abbiamo usato le nostre competenze di educatori pstiamo dedicando il nostro tempo a insegnare le abilità della terra, relative all’edilizia naturale e ad altre pratiche di vita autonoma come la ricerca di cibi selvatici, la fermentazione e altri metodi di conservazione, la cura di un frutteto e la tessitura con salice e altre fibre naturali.

La casa è stata costruita con l’aiuto di 75 volontari, utilizzando solo materiale naturale e di recupero e progettata secondo i principi della passività solare e dell’autosufficienza energetica. I volontari, di età compresa tra i 16 e i 35 anni, avevano competenze di costruzione naturale in intelaiature in legno, pareti in balle di paglia e intonaci di terra. Ora che la nostra casa è finita e che siamo in grado di vivere nel villaggio a tempo pieno.

Lo spazio abitativo è stato progettato per dimostrare come le case possano adattarsi ai cambiamenti climatici. La struttura è stata progettata per essere solare-passiva: il posizionamento delle finestre, la gronda del tetto, il materiale utilizzato all’esterno e all’interno sono stati scelti in modo da massimizzare i benefici dell’energia solare e ridurre al minimo la necessità di una fonte esterna di riscaldamento o raffreddamento. I materiali sono stati scelti tenendo conto sia della loro disponibilità locale che delle loro potenzialità isolanti e di accumulo termico. Quindi materiali naturali: le fondamenta sono state gettate con pietre e calce locali, il muro è stato rialzato con balle di paglia e intonacato con la nostra terra locale, e la struttura portante del tetto è stata rialzata con abeti di Douglas locali abbattuti dal bosco vicino e utilizzati come tronchi rotondi in modo da ridurre al minimo l’impatto energetico che sarebbe derivato dal processo di macinazione. Il tetto è costituito dal manto erboso che è stato spostato quando abbiamo gettato le fondamenta per la nostra abitazione.Tutti i colori utilizzati nell’intonaco sono stati ottenuti da vene di argilla presenti localmente, in modo da far risaltare i colori naturali dell’ambiente locale e mostrare la bellezza delle tecniche costruttive vernacolari.

Oltre a tutto questo, va detto che il budget per la nostra casa ammontava a un costo totale di 16.000 euro, il che la rende altamente replicabile come forma di alloggio a basso reddito e ad alte prestazioni.

Trovare il punto di equilibrio in cui sostenibilità, qualità della vita/estetica e convenienza si intersecano è stato possibile grazie alla scelta dei materiali, alle tecniche costruttive e al design intelligente. In effetti, ciò che il nostro progetto ha dimostrato innanzitutto è che l’autocostruzione di abitazioni ad alte prestazioni in paglia e argilla a costi minimi è accessibile a un gran numero di persone, siano esse professionisti dell’edilizia o meno. In questo modo, intendevamo dare un esempio replicabile per una vita rurale resiliente nel 21° secolo.
 
Gli edifici generano quasi il 40% delle emissioni annuali di gas serra. Inoltre, il consumo energetico giornaliero dei loro utenti deve essere aggiunto alle loro impronte nel tempo. Costruendo a mano abitazioni più piccole con materiale naturale e riscoprendo l’artigianato vernacolare, l’impatto ecologico di un edificio può essere drasticamente ridotto, se non ridotto quasi a zero, così come i loro costi energetici a lungo termine.

“Il nostro progetto è un tentativo di allontanamento radicale da questo modello economico globale, rimettendo al centro la vita a livello di comunità locale e valorizzando la diversità globale delle specificità dei luoghi. Mentre costruire con il cemento è diventato sintomatico di questo processo di omogeneizzazione globale guidato da un sistema economico progettato per favorire il veloce e il più economico, gli edifici ecologici vernacolari possono aggirare questo colosso promuovendo al contempo una rinascita culturale delle alternative locali”.

 

Il mulino calabrese nato grazie al crowdfunding, miglior forno d’Italia

Il Mulinum di San Floro (CZ), l’azienda fondata dal trentenne calabrese Stefano Caccavari (diventato a soli 35 anni Cavaliere al Merito) è stato il primo caso di crowfunding per un’azienda agricola in Italia. I suoi prodotti, realizzati nella sede idell’azienda Castelnuovo-Tancredi in Val D’Orcia, hanno vinto il Premio Roma, l’iniziativa della Camera di Commercio dedicata ai migliori forni d’Italia. Stefano Caccavari, imprenditore appassionato di tecnologia e natura, produce il suo pane in campagna, utilizzando i grani antichi e i cereali poveri come la segale.

Tutto è cominciato nel 2014. L’imprenditore, per difendere il piccolo comune di San Floro dalla creazione di un impianto di discarica, aveva avviato l’Orto di Famiglia di San Floro, un progetto agricolo di custodia del territorio dove le famiglie di tutta la provincia possono avere un piccolo orto già avviato e raccogliere le proprie verdure biologiche.Grazie alla sua reazione le ruspe si sono fermate, e invece di una vallata di rifiuti tossici sono nati tantissimi orti di famiglia, messi in piedi con successo dal giovane. «Sin da piccolo ho sempre sentito la necessità di mettermi a disposizione per assicurare sviluppo al mio territorio e alla mia comunità – spiega in una intervista a Repubblica -. Per questo motivo, mi sono sempre guardato intorno con grande curiosità, ho divorato e tuttora divoro libri di studiosi e imprenditori per trovare soluzioni efficaci da condividere con la comunità che sono riuscito a creare attorno a me, al nostro progetto».
Stefano ha iniziato con un crowdfunding, nel 2016, raccogliendo fondi su Facebook per recuperare i mulini a pietra. Così, partendo dal piccolo borgo di San Floro, nel punto più stretto fra Jonio e Tirreno, Caccavari è diventato un simbolo, con le tecniche moderne del marketing, mischiato alla memoria contadina. Ecco quindi il recupero delle qualità antiche come il farro monococco, il senatore Cappelli, il grano tenero Verna: tutti macinati a pietra di quarzo francese, a freddo.

Mulinum Toscana, inaugurata un anno fa, nell’azienda Castelnuovo-Tancredi ha vinto in due categorie: quella dei pani funzionali arricchiti ai cinque semi (girasole, sesamo, lino, papavero blu, zucca) e poi il pane con i cereali minori, un’antica varietà di segale, recuperata e coltivata in Mulinum. “Un cereale usato per la zootecnia, insomma in genere è mangime per animali: noi invece abbiamo creato un pane buono chiamato “hermano”, che sarà al centro della ‘Festa della Trebbiatura’ di quest’estate. La segale è un cereale minore, uno scarto: noi lo valorizziamo, come se dal piombo venisse fuori un’opera d’arte”.

Il polo di San Floro (Catanzaro) e quello di Buonconvento (Siena) hanno una funzione diversa: il primo è la base per l’e-commerce, l’altro sta al centro del granaio d’Italia e offre – oltre ai prodotti e a una pizzeria – corsi di panificazione e di aggiornamento. e sono fornitori di resort e ristoranti della zona”.

Oggi Caccavale, che possiede dieci mulini, si sta interessando all’acquisto di vecchi casolari alle porte della città, per recuperarli e valorizzarli. !Il mio sogno è aumentare la collezione e la valorizzazione dei grani antichi: mi vengono in mente il Gentil Rosso, il gentil Bianco che hanno quasi cento anni di vita”..