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OGNI VIAGGIO UNA STORIA

Incontriamo Francesca Pradella, fotografa professionista modenese specializzata in eventi, matrimoni e bambini ma con una predilizione per la natura e gli animali, complici un nonno che faceva il veterinario ed il primo libro ricevuto in regalo da bambina, un’Enciclopedia illustrata proprio della fauna. Negli ultimi anni, grazie alla macchina fotografica, Francesca ha viaggiato in tutto il mondo, per documentare culture, storie, persone ed emozioni.

 

Hai iniziato a viaggiare da sola all’età di 16 anni. Raccontaci il tuo primo viaggio

Il Liceo Classico Muratori di Modena, che frequentavo, partecipava ad una iniziativa chiamata MEP ( Model European Parliament ), un progetto presente in tutta Europa che permette agli studenti di vestire i panni degli europarlamentari, simulando una vera sessione del Parlamento Europeo. Dopo aver superato le selezioni della scuola e anche quelle nazionali, sono partita per la  Slovenia insieme ad altri 9 studenti di diverse regioni, in rappresentanza dell’Italia. Ho rullini molto buffi di quel tempo a Lubiana, tra discussioni sui diritti umani ( la Commissione che mi era stata assegnata ) e serate spensierate fra le strade della città. E’ stata una esperienza formativa che mi ha arricchita sul piano personale: ho imparato a lavorare in squadra e a parlare in pubblico.

Partecipi, come fotografa, a numerosi festival ed eventi importanti in tutto il mondo. Come hai iniziato e come organizzi il tuo lavoro?

Ho iniziato a frequentare Venezia tramite un collega e caro amico fotografo, Corrado Corradi, conosciuto perché eravamo entrambi membri della giuria di un concorso fotografico sui cani, organizzato dal Canile intercomunale di Modena. Quando ho iniziato a scrivere e fotografare per Profilo Donna Magazine, ormai dieci anni fa, ho poi potuto accedere, come fotoreporter ufficiale e accreditata, al tappeto rosso. Ho coperto per diversi anni anche il Festival del Cinema di Cannes, presenziato al BFI London Film Festival, uno dei festival cinematografici più prestigiosi a livello europeo e scattato alla Festa del Cinema di Roma. Amo molto i film e sono fortunata a poter conciliare entrambe le mie passioni.

Avrai incontrato parecchi personaggi famosi…

Beh, quando mi chiedono com’è incontrare le celebrities, rispondo con la verità: mi passano davanti per pochi secondi in cui ho la reflex davanti alla faccia, non ho il tempo di entusiasmarmi e non posso perdere l’attimo. Ammetto, però, che quando, per caso, mentre bevevo un caffè fuori dalla sala stampa del Palais Du Cinema, mi sono voltata e ritrovata Steven Spielberg a mezzo metro di distanza, un pò di emozione c’è stata. Oppure quando mi sono imbattuta in Gabriele Salvatores nell’ascensore dell’Excelsior a Venezia, stipati con una comitiva di stranieri; non ricordo che battuta avesse fatto ma ci abbiamo riso un bel pò! Quando siamo usciti, mi ha scritto un biglietto con dedica “ Alla mia paparazzi preferita. “ Ovviamente, è custodito gelosamente fra i miei cimeli!

Un po’ per amore e un po’ per lavoro hai frequentato Oxford per due anni. Cosa ti è rimasto di quella città?

Per due anni ho seguito a Oxford il mio compagno Gianluca Rompianesi, anche lui modenese che in quel periodo lavorava come chirurgo e ricercatore presso il Churchill Hospital, un ospedale universitario. La quiete delle sue strade ed il verde ad ogni angolo. L’impressione che ho avuto vivendo in Inghilterra è che fosse il paesaggio urbano ad adattarsi alla natura e non viceversa, come quasi sempre accade. Varchi la soglia di questi college dalla storia centenaria, dove hanno studiato alcuni dei miei miti, da Oscar Wilde a Stephen Hawking o Matthew Ridley e, nei loro giardini, ti ritrovi laghi, fiumiciattoli navigabili con barchette, cervi che brucano nei prati. Magicamente surreale. Mi manca anche la cucina etnica e la vicinanza maggiore agli Stati Uniti, in termini di libri, mode, prodotti. Novità che, in Italia, arrivano sempre in differita.  Sono da sempre appassionata della lingua inglese, cresciuta a pane, sorelle Brontë, Yeats. Sentire questa lingua risuonare per le strade, nei supermercati, sul bus a due piani, era un plus piacevole. Oxford è davvero una realtà a misura d’uomo, capace di offrire eventi culturali di notevole levatura e svago semplice e bucolico nella campagna. E poi, dista a circa un’ora di auto dall’ineguagliabile Londra.

 Sei stata l’unica donna europea a partecipare ad un importante festival a New York. Cosa ne pensi di questa città e del suo stile di vita?  

Ero già stata in vacanza nella città precedentemente, ma tornarci per lavoro, per fotografare i red carpet, è stato un vero onore. Non sei tu che decidi se ti piace New York: lo decide la città per te. Ti ingloba, ti mastica e ti rigetta diversa da come ci sei arrivata, non importa per quanto poco ci starai. C’è una sensazione di alienazione e di familiarità al contempo, che mi ha fatta innamorare da subito. Delle sue rarità come dei suoi cliché. Amo la totale accettazione delle stranezze umane, che solo lì avviene come forse da nessun altra parte al mondo. Le lacrime inevitabili al memoriale delle sue vittime, le risate al luna park di Staten Island, la cultura provocatoria del MOMA, l’eleganza senza tempo del Museo di Storia Naturale a Central Park West, lo shopping di libri usati da Strand. Io, davvero, non saprei cosa consigliare di vedere ma, sicuro, è una di quelle mete che non possono mancare nella lista di un viaggiatore.

Sei passata da un matrimonio in Pakistan fino al Giappone. Raccontaci qualche aneddoto.

Il matrimonio in Pakistan è stato un’esperienza che mi ha arricchito umanamente più di quanto avrei creduto possibile. Essere quasi sempre l’unica straniera in mezzo alla folla, è stato particolare: spesso venivo fermata per strada dai passanti che chiedevano di farsi foto insieme a me! Un paese affascinante ed ancora misterioso, che ha subito acremente lo spettro del terrorismo a livello turistico; una destinazione da considerare, se si desidera immergersi in tradizioni uniche. Ma con la mentalità di chi rispetta la diversità, anche quando è più complessa da capire. Mi ha emozionato molto vedere la parte pakistana dell’Himalaya, uno spettacolo commovente. Nei giorni precedenti il matrimonio, le donne decorano mani e piedi con l’henné: lo hanno fatto anche a me ed è stato un gesto che ho apprezzato molto, non solo per estetica ma anche per l’accettazione della mia presenza che non davo per scontato.

Invece in Giappone?

Ho visitato il Giappone una prima volta per piacere e poi, in seguito, per un viaggio di lavoro. Quando, nel mio giorno libero, mi sono recata a Nagano per fotografare le scimmie di Jigokudani, mi sono risentita dal non avere mai foto in questi posti che fotografo, perché sempre da sola. Ho fermato un signore a caso, gli ho dato in mano il cellulare, inquadrato la scena e chiesto di scattarmi una foto, secondo istruzioni un pò precise. Poco dopo ci siamo presentati ed era un fotografo del National Geographic. Volevo sprofondare dall’imbarazzo! Siamo rimasti in contatto ed è una conoscenza che mi fa apprezzare ancora di più il viaggi o la casualità, i fili che l’universo tende senza che ce ne accorgiamo. 

Durante un viaggio in Thailandia hai realizzato un importante reportage sugli elefanti maltrattati. Di cosa si tratta?  

Sono diversi anni che sto portando avanti un reportage sulla cattività, visitando diverse strutture in tutto il mondo. A Krabi, mi sono recata all’ Elephant Sanctuary, dove gli elefanti vengono salvati e protetti dallo sfruttamento dell’industria turistica. Se vi domandate sia giusto cavalcare un elefante, la risposta è no, per via delle condizioni in cui vengono tenuti. Questi centri hanno bisogno di molto supporto, perché mantenere un elefante non è propriamente economico. Si lavora, poi, per diffondere la cultura a livello locale, perché spesso questi animali sono considerati una minaccia per l’agricoltura, dal momento che capita che qualche esemplare fugga e vada a foraggiare nei campi limitrofi. E’ davvero ammirevole quello che queste persone cercano di fare, nonostante il pregiudizio e gli interessi economici di molti che li contrastano. 

Cosa rappresenta per te il viaggio e come ti ha cambiata negli anni?

Non esiste altro modo per ampliare le proprie vedute, nutrire l’empatia per l’altro ed arricchire in modo unico la propria cultura come quando si visita con occhi e mente “ puliti “ un altro paese. Il confronto con ‘l’altro’ mi mette di fronte alla mia ignoranza e mi fa vergognare di certe prospettive da privilegiata che, spesso, dimentico di avere. Viaggiare mi ha insegnato a rispettare l’ambiente, a non giudicare al primo sguardo, a rivisitare costantemente il mio concetto di felicità, ripulendolo dal consumismo e riportandolo all’essenziale. Italo Calvino scriveva: “ Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda “. Quando mi assalgono i dubbi, i punti di domanda mi tormentano come uno sciame fastidioso, afferrare il passaporto, la reflex e prendere un volo, sono sovente un modo utile per ritrovare la Francesca più autentica. Senza scordarmi che qualche risposta, probabilmente, è nascosta anche nella via di casa mia. 

 

Articolo di Laura Corallo pubblicato sul magazine ‘Arte di Vivere a Modena’

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