Si chiude con un accordo e un addio la vicenda giudiziaria che ha visto schierati su fronti contrapposti Francesca Amadori e l’azienda di famiglia, dalla quale la manager era stata licenziata un anno fa e nei confronti della quale aveva fatto ricorso chiedendo un risarcimento di 2,3 milioni di euro. Il colosso romagnolo delle carni, a sua volta, aveva citato la donna di fronte al tribunale civile per 1,5 milioni di euro sostenendo di aver ricevuto un danno d’immagine. Ieri, la battaglia legale si è conclusa con un accordo extragiudiziale che “consentisse in primis la tutela dell’azienda, quale patrimonio della famiglia, dei dipendenti e della collettività intera”, si legge nella nota diffusa dal gruppo Amadori. L’accordo non segna, comunque, il ritorno di Francesca Amadori al suo posto di lavoro: i destini della nipote del fondatore e dell’azienda di famiglia si separano. “L’azienda augura a Francesca di poter fruttuosamente intraprendere un percorso professionale diverso, fondato sui suoi 18 anni di presenza in azienda nel corso dei quali la stessa ha dimostrato competenza e professionalità”, si legge in chiusura del comunicato stampa congiunto diffuso, che non dà ulteriori dettagli sui termini (anche economici) dell’intesa che chiude il braccio di ferro. Tutto è iniziato lo scorso anno con il licenziamento della donna, che in azienda si occupava di comunicazione e marketing. “Non si presentava al lavoro da molti mesi”, è la spiegazione fornita dall’allora amministratore delegato Francesco Berti (che nel frattempo ha lasciato l’incarico). Francesca accusa i vertici del gruppo Amadori di averla discriminata e fa causa. La prima udienza, a dicembre, si conclude con un nulla di fatto e l’invito del giudice a trovare un accordo.
Fonte Dire